domenica 17 agosto 2008

Giovenale Nino Sassi - Cenni biografici


Biografia


.Giovenale Nino Sassi è nato il 18 marzo del 1947 nell’antica città medioevale di Spoleto “dove il sole filtra tra i tetti disegnando triangoli di poesia”.
Di famiglia popolana vive, fino all’età di sei anni nella “ vecchia casa ad angolo sul mondo” con la madre Maria Luisa, la sorella Luciana ed il padre Sesto, combattente partigiano (il partigiano Luciano) che muore per mali contratti durante la guerra.
Dopo la morte prematura del padre si trasferisce a Roma dagli zii Giulia e Giovenale Nino Riccardi.
Cresce alla “scuola” dello zio, uomo di grande creatività che troviamo nel ristretto gruppo di lavoro del regista Alessandro Blasetti.
“La cena delle beffe, Salvator Rosa, La corona di ferro, Luisa Sanfelice, Casta Diva, Salomè …” alcune delle produzioni.
Il giovane Nino cresce nel mondo dello zio fatto di racconti e personaggi che si aprono alla memoria.
All’età di dieci anni la madre , trasferitasi a Zurigo colloca Nino nei collegi salesiani di Trevi e di Terni.
Per le ristrettezze economiche lascia la scuola e, costretto a cercare un lavoro raggiunge la madre: “la valigia vecchia legata con lo spago ha preso il treno per andare a Nord”.
A Zurigo lavora, studia, frequenta la Missione Cattolica Italiana e gioca al calcio. Nel 1967 rientrato in Italia frequenta la scuola per sottufficiali dell’Esercito italiano di Viterbo.
Al termine del corso svolge la funzione di istruttore degli A.U.C. nella Scuola Allievi Ufficiali delle Trasmissioni – Cecchignola – Roma.In questo periodo tenta di completare gli studi liceali.
Presenta come privatista la maturità Terminato il servizio militare per finanziare gli studi rientra a Zurigo ma a causa della campagna contro l’inforestieramento promossa in Svizzera è costretto - ma è un momento fortunato della sua vita - a stabilirsi a Luino, sul Lago Maggiore, trovando un impiego oltre confine come lavoratore frontaliero.
La Sua sensibilità lo porta ad impegnarsi nella FILEF, Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie fondata dal grande scrittore Carlo Levi e da Paolo Cinanni, il giovane calebrese allievo di Cesare Pavese, con cui stabilisce una particolare amicizia. Insieme ad altri si adopera per la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori italiani emigrati in Svizzera e in particolare del mondo frontaliero.Anche da questa esperienza trae l'ispirazione per le sue poesie.
Nel 1974 pubblica la raccolta di poesie “Emigrante” che nel 1975 viene edita dalla Regione dell’Umbria nel n 4 dei “Quaderni” Nel 1976 rientra in Italia.
Svolge la funzione di Docente nei corsi di formazione professionale. E’ responsabile territoriale, lungo gli anni ottanta e all'inizio degli anni '90, della Programmazione e dell’attuazione dei progetti formativi, della Promozione Economica e dei Progetti a Contributo Comunitario. Conclude la carriera lavorativa in un ente locale .
Ama profondamente la Svizzera, Zurigo e il Canton Ticino
.
ps
Biografia vecchia di anni. Andrebbe rivista ma non posso scrivere di me stesso.
Qualcuno si offre ?

lunedì 14 luglio 2008

LA VALIGIA


La valigia vecchia
legata con lo spago
ha preso il treno
per andare a nord.
.
S’è fermata alla stazione
grigia oltre frontiera ...
.
è scesa
e adesso sta
in un canto ad aspettare
di tornare
verso il sole dei paesi del sud..(1970)

Emigrare


Emigrare è un po’ morire .
Muori alla terra che stai lasciando, alla madre che ti ha visto crescere, all’ambiente che ti ha formato, alla sposa…... Perdi l’orizzonte che hai conosciuto, i monti e le strade, le tue strade…
Emigrare è anche bello. È bello conoscere ed apprendere lingue nuove, sensazioni che si muovono in spazi diversi; strade , monti e boschi, fiumi e laghi ...volti che si aprono per diventare memoria.E ami le terre avute in dono dalla vita e le strade e le piazze e nuovi ricordi, nel tempo, affollano la mente raccontati in lingue diverse dalla tua e non ci fai caso tanto ti appartengono e sono tuoi.Conosci l’inglese, apprendi il tedesco, hai fatto nuove amicizie e ti è piaciuto. Il lavoro va bene, guadagni bene e sei un giovane in grado di cogliere tutte le opportunità che si presentano … hai lasciato gli argini del borgo antico che ti ha generato … quasi dimenticato i volti e le armonie che quei volti racchiudevano.

Non per tutti e così…

Particolarmente triste, in certe sere, il ricordo del primo e dell’ultimo distacco: il ricordo del travaglio che impose la prima decisione di partire e non conoscevi il mondo. E piangi, in segreto, il domani che ti aspetta fatto di ombre, silenzio. Sono le ombre delle paure che l’ignoto suscita in ciascuno. Vai verso un mondo che non conosci tra gente che non comprendi.Nel paese straniero l’emigrante si sente nessuno, anonimo È duro il lavoro ma più duro è vivere in mezzo a gente che non ti capisce; fra volti enigmatici che ti scrutano come sfingi e senti salire alla gola un moto di pianto e ti chiedi a che giova la tua sofferenza: .. a che serve l’attesa e l’inganno di sentirsi vivi ?Anche avendo un lavoro e un salario, anche avendo una casa e la possibilità di uno svago ti manca intorno il tuo mondo che anche tornando non potrai più ricomporre. E’ il dramma di ogni emigrato.Un dramma sofferto soprattutto la sera quando stanchi ci si getta sul giaciglio ma il sonno non viene e se viene è popolato di fantasmi.Ne hanno esperienza molti emigrati, sia quelli che hanno superato la prova sia quelli che non hanno retto e sono tornati.

Definizione

Il gusto di cercare
la definizione di un’immagine,
il ritratto mai definito dell’esistenza
è come il tempo
che scivola veloce
verso l’istante successivo
che non è il presente.
(1973)

A CASA MIA



A casa mia
c’è una scala vecchia
che sale e porta alle stanze.


I muri
anneriti dal tempo
vorrebbero una mano di nuovo...

un nero più vecchio
degli anni che mi videro bambino
seduto sui gradini
della scala che sale
che scende
dalla mia stanza.
(1971)

Petali di rosa


I tuoi occhi ricordano la mia terra,
di prati verdi e colline in fiore
e ulivi resistenti al gelo
che in bravura un pastore li batte.

Le tue labbra han qualcosa di mio
che troppe volte le guardai,
baciai,
cercando lo sfogo ai sentimenti.

Ma non ho niente per te
e me n’andrò, solitario, per la mia strada.

Ti penserò, allora
guardando ad un passato che muore,
lontano,
tra petali di rosa.


(1968)



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Domani




La notte
ha un fascino immenso...
ma non la notte,
la mia notte,
un buio fatto di ombre,
silenzio.
.

 La rigida geometria delle case
si sposa
con le curve sensuali degli alberi
e,
   laggiù,
dove la strada si bagna di inchiostro,
una luce,
   un rumore,
un treno corre verso l'esodo dell'alba
.
Domani andrò lontano.



Emigrante



Conosco storie
e odori di terre diverse.

Colline verdi,
ieri,
fresca acqua di fonte.

Vecchia casa ad angolo sul mondo
da te partono
le mie traiettorie

sempre

il giorno dopo il riposo.

(1972)

PANE



Parla tutto straniero,
qui,
le case, le strade,
le insegne dei negozi,
la gente.
Sto qui ma non capisco
e sorrido quando parlano,
mimo,
raccontando in italiano
quello che chiedo:
pane, pane.
(1971)

Da Zurigo



Quando scendo,
che ne so,
l’aria diventa diversa…
.
Lombardia: finalmente in Italia
Emilia: m’addormento un momento
Toscana: se scendo vado in Santa Croce.
.
Umbria: la mia valle
e i monti e le città
che corrono veloci,
interminabili,
verso le strade
che tanto conosco,
verso la mia gente.
.
Quando dico: ciao
rispondono: ciao
(1972)

TU


Sei come un ricordo del Sud
ristretto nel tempo;
un mare blu,
intenso,
brillante e chiaro
sotto il sole del mezzogiorno.
.
Somigli alla Sila
che,
melodiosa,
ferma il passante
ed invita a tornare.

Zollikerberg


(festa di fine anno 1966 - 1967)

E a te che penso
lungo la strada che scende,
fredda,
attraverso il bosco,
le luci della notte.
.
Le cose che ho,
che non ho,
che vorrei avere per dare.
.
L’amore che cerco,
che non ho,
che vorrei avere per amare.
.
Dire: “ti amo”
.
a te che ascolti...
è solo illusione
.
il sogno che ho fatto
lungo la strada che scende.

Denuncia



Mi fanno ridere
quelli che vanno
nei giorni feriali
vestiti a festa
la barba fatta
lindi e pinti
stirati come manici di scopa.
.
Quando ero povero
più povero di adesso
dicevano che ero sporco … …
… e andai nei paesi d’emigrazione.
(1972)

SE POTESSI



Se potessi
cambierei l’inverno in una calda estate
e
farei
della gente e delle cose
l’espressione più vera;
ma
basterebbe
che fossi tu la mia estate
semplicemente tu
per vivere l’inverno.

SE POTESSI



Se potessi
farei il re.
.
Ma lo sono:
nella natura
un re uomo.

A primavera


A primavera
la gente è allegra
e non pensa ai soldi.
.
E' primavera
e c'è sole,
luce: spazio.

L'odore del pane






La gente non mangia l'odore del pane








C’è tutta una generazione che rischia di non incontrare il lavoro, quello vero.
Un paese, un sistema paese, che marginalizza ed umilia i suoi giovani non ha futuro..